Il romanzo

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Il romanzo Stringimi le mani

È sempre difficile acquistare un romanzo di un autore poco conosciuto. Lo capisco perché capita anche a me quando vado in libreria. Tuttavia, in libreria, puoi sempre sfogliare il libro e vedere se ti prende mentre online spesso non è possibile. Proprio per questo ho pensato di mettere online le prime 43 pagine del romanzo. In questo modo puoi sfogliarlo e decider di comprarlo solo se ti piace, solo se t’incuriosisce.

Puoi anche chiedere una versione PDF che ti verrà recapitata gratuitamente al tuo indirizzo di posta elettronica. Per farlo clicca qui: voglio le prime 43 pagine in PDF.

Buona lettura!
Massimo Petrucci

Di cosa parla questo romanzo?

È sempre difficile parlare di un romanzo, specialmente del tuo. Un romanzo non è il suo contenuto; non c’è nessun messaggio. Un romanzo è un ritmo, un incanto, una parte della tua vita. Qualunque cosa dici, darai un’idea approssimativa se non sbagliata. Ma se proprio vuoi saperne qualcosa, sappi che racconta di sentimenti ed emozioni forti, di illusioni e di amore.

Il protagonista, Stefano, è solo un ragazzo e quando la sua storia d’amore finisce, pensa che tutto il mondo si sia fermato. Il disagio di una fine porta sempre all’isolamento, pare che tutto l’universo si concentri in un punto e quel punto è proprio dentro te.

Stefano è un adolescente con i dubbi e le certezze d’argilla tipiche della sua età. Con il proseguire della storia, Stefano capirà che la vita è anche altro e così il romanzo prende respiro, si arricchisce di nuovi personaggi e nuove storie. Sullo sfondo c’è la vita della periferia napoletana, e Stefano, passando per innumerevoli esperienze, dimostra a se stesso che esiste sempre un’altra una vita da vivere.

Come nasce l’idea?

Quando si pensa ad uno scrittore, di solito si ha l’immagine romantica di una persona immersa nei pensieri, magari in una casa sul mare, il maglione di lana e la tazza di caffè bollente per le pause.

Non è così, non sempre almeno.

I primi appunti sono stati presi in fabbrica, durante un turno di notte, scritti su un foglio di fortuna, poi ripiegato e messo nella tasca del camice blu.

Col tempo ho sviluppato quelle note ed ho iniziato a mettere giù una storia, ma quando avevo scritto più di cento pagine, il mio PC di allora decise che era giunto il tempo di… morire: in un istante tutto andò letteralmente in fumo.

Non avevo alcuna copia del lavoro e, dopo aver imprecato, decisi che non avrei più potuto riscriverla d’accapo. Eppure quella storia, quei personaggi, la stessa Roberta, e poi Stefano, continuavano a vivere dentro la mia mente, esigendo il diritto di nascere e vivere la loro breve vita di personaggi di un libro.

Così, dopo qualche anno, ripresi gli appunti e ricomincia a scrivere.

Col senno di poi posso dire che fu un bene, perché in tutto quel tempo i personaggi, ma anche le storie che ognuno di loro portava con sé, sono maturati, sono diventati più complessi e più veri.

Il finale non è arrivato subito, anzi direi che è stato deciso nell’ultimo giro di bozze con l’editore, ma anche la storia non è andata di filata come credevo. Il romanzo ha visto diverse genesi, si è mostrato in diverse versioni: una volta al passato, poi al presente, una volta è iniziata da un punto, poi da un altro, fino a quando tutto non ha preso il suo posto.

Tuttavia “Stringimi le mani” è rimasto un libro nel cassetto per altri anni, perché poi la vita ti assorbe in tante cose, in tanti impegni e spesso dimentichiamo di dare acqua ai sogni

Ah, un precisazione: il titolo “Stringimi le mani” è stato scelto molto prima che uscisse l’omonima canzone di Gianni Morandi, infatti con essa non c’entra assolutamente nulla; è stato solo un caso.

Un giorno, gironzolando sul web, non so come arrivo sul sito dello scrittore Roberto Cotroneo, leggo che ha organizzato un corso di scrittura creativa a Roma. Non avevo mai partecipato ad un corso del genere, in quel periodo mi trovavo qualche soldo in più, così decisi di parteciparvi e partii alla volta della capitale, ospite dei miei amici Luca e Mimma, che ancora ringrazio. Il corso fu interessante, ma ciò che diede la svolta fu l’affermazione di Roberto: <<…però, hai una bella scrittura>>.

La cosa mi diede la giusta spinta d’autostima di cui avevo bisogno, ripresi il manoscritto, lo sistemai in diverse parti, anche sfruttando ciò che avevo appreso al corso, lo stampai, ne feci non so quante fotocopie e lo spedii a diverse case editrici e poi… decisi di dimenticarmene. Non amo le attese, mi mettono a disagio, sono abbastanza fatalista per credere che se una cosa deve andare, andrà; diversamente vuol dire che non è ancora il momento.

E il momento arrivò quando, mesi dopo, il mio cellulare squillò ed una vocina di donna con l’accento del Nord mi disse che erano interessati al mio manoscritto.

Che emozione! Però mi controllai e, prima ancora che la signorina potesse spiegarmi meglio come stavano le cose, le dissi che se si trattava di una proposta di pubblicazionea pagamento, stavano solo perdendo tempo.

Regola n.1: mai e poi mai pubblicare il proprio romanzo pagano. Pagare per essere pubblicati è come pagare per fare l’amore: non è amore e non è pubblicazione. Non perdete tempo e non lasciativi fregare dall’ego dello scrittore incompreso.

Comunque la signorina, quasi risentita, mi rispose che non chiederanno nulla e che si trattava di una pubblicazione seria. Era il 2008, il romanzo sarebbe stato pubblicato solo ad Aprile del 2011. Come si dice? L’attesa acuisce il desiderio…

Ed ora eccolo qua, che gira in libreria e sul web; io lo guardo e mi sento solo di dirgli: <<Vai per la tua strada, qualunque essa sia…>>.

Massimo Petrucci

 

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